Dopo avervi parlato del calore e degli effetti che può avere sul cibo, passiamo adesso alla parte decisamente più interessante della chimica: l’applicazione in cucina. Qui di seguito sono elencati i principali metodi di cottura ognuno dei quali è costellato di indicazioni e consigli che, si spera, vi potranno servire in futuro. Buona lettura!
Cuocere in un liquido
Affogare
La pietanza viene immersa in un liquido appena sufficiente per ricoprirlo e alla temperatura di 70 – 80 °C. È una cottura abbastanza lenta e molto delicata; si presta soprattutto a uova (senza guscio), pesci, crostacei e carni bianche.
Bagnomaria
Questa tipologia di cottura viene utilizzata per quei cibi che non sopportano temperature molto elevate o per conservare calde le pietanze. Viene spesso utilizzato per creme e salse a base di uova o per sciogliere cioccolato, burro etc. Esistono tre modi diversi per cuocere a bagnomaria: per immersione (la pentola contenente il cibo è immersa per gran parte nell’acqua bollente contenuta in un recipiente più grande), a vapore (la pentola viene poggiato su di un sostegno sfruttando solo l’evaporazione dell’acqua) o in forno (la pentola è immersa nell’acqua ad una temperatura tra i 120 – 170 °C). Quella in forno viene usata soprattutto per cuocere timballi, sformati, crème caramel etc ma è importante che l’acqua non raggiunga mai l’ebollizione.
Bollire
Questo tipo di cottura consiste nell’immergere il cibo in un liquido, generalmente tra i 65 – 100 °C. Ci sono alcuni alimenti (legumi secchi, patate, carne da brodo, alcune verdure, uova sode, grossi pesci etc) che vengono immersi in acqua fredda per poi portarla lentamente a ebollizione; altri invece (pasta, riso, carne da lesso, ortaggi bianchi, foglia verde etc) richiedono un liquido già bollente. La differenza sta nella dispersione dei succhi: immergere il cibo nell’acqua inizialmente fredda comporta il rilascio del succo e, quindi, la dispersione nell’acqua; al contrario, immergere un cibo nell’acqua già calda trattiene il succo all’interno.
La quantità di liquido, inoltre, dipende dall’uso che vogliamo fare della pietanza e del suo sugo: se, come la pasta, il cibo viene scolato allora l’acqua deve essere abbondante; viceversa, se il sugo verrà servito nel piatto, abbondare con l’acqua significherà ridurre il sapore del cibo. È molto importante controllare la temperatura e il tempo di cottura soprattutto per quelle preparazioni “alla cieca” (ad esempio la cottura delle uova).
A volte, la tecnica del bollire viene utilizzata anche per la cottura sottovuoto che evita del tutto la dispersione dei succhi.
Sbianchire e Sbollentare
In genere vengono utilizzati per le cotture parziali o per preparare un alimento a diversa preparazione. Questo tipo di cottura intenerisce il cibo e, in alcuni casi, è utile per rimuoverne la buccia esterna; dopo pochi minuti in un liquido bollente, l’alimento deve essere tolto e immerso subito in acqua fredda per bloccare la cottura. Solitamente vengono utilizzati pomodori, carote, patate, carne etc.
Cuocere in umido
Brasare
La brasatura consiste nel cuocere i cibi a fuoco lento, per molto tempo. Il termine deriva dalla pratica dei contadini di lasciare la pentola con la carne nelle braci calde (brasi) per poi toglierla solo di sera. È una cottura utilizzata soprattutto per carni rosse e selvaggina ma viene adoperata anche per carni bianche, pesce e verdure. La prima fase consiste nel rosolare l’alimento, precedentemente lardellato o marinato, in un grasso; successivamente viene ricoperto per 3/4 da un liquido e cotto (col coperchio) a fuoco lento o al forno (140 – 160 °C). Questa cottura fa sì che il cibo venga cotto uniformemente anche all’interno ma è essenziale che non si raggiungano mai temperature elevate.
Una volta terminata la cottura, è possibile utilizzare il sugo della pentola come condimento della pietanza; se la brasatura viene accompagnata dalle verdure, un’ottimo sistema può essere quello di passarle e aggiungerle al sugo dando così un sapore davvero squisito alla carne!
I tagli di carne più utilizzati sono la spalla e il petto del vitello, il girello, la spalla e lo scamone del bovino adulto. Le verdure più consigliate, invece, sono: sedano, porri, scarola, cavolini di bruxelles, indivia.
Glassare
Il termine deriva da glace, ghiaccio in francese. Gli alimenti glassati, infatti, hanno una caratteristica superficie lucente formata da grassi, zuccheri e liquido dell’alimento. Amalgamandosi tra loro, questi formano un’emulsione “sciropposa” chiamata glassa. La cottura consiste essenzialmente nella brasatura di carni bianche o verdure.
Stufare
Anche questo termine ha origini antiche: il cibo veniva lasciato cuocere in un tegame chiuso sopra la stufa. A differenza della brasatura, l’alimento non viene fatto rosolare ma inserito in una padella con poco grasso e poco o nessun liquido. La temperatura deve essere molto bassa e, anche qui, il tegame deve essere chiuso dal coperchio. La carne spesso viene tagliata a pezzi mentre il pesce, a differenza di alcuni esemplari come il baccalà, viene immesso intero per evitare che si sfaldi. È una cottura utilizzata soprattutto per carni (spalla e collo di vitello e bovino adulto; collo, petto e spalla di agnello; pollo, coniglio, lepre, cinghiale, cervo e capriolo), pesci (seppie, calamari, polpi) e verdure (carote, carciofi, patate, sedano e zucchine).
Questo tipo di cottura conferisce al cibo gusto e morbidezza, così come al fondo di cottura che si arricchisce dell’aroma della pietanza. I cibi, infatti, cuociono nei propri grassi naturali evitando condimenti eccessivi o dispersione degli aromi.
Cuocere per arrostimento
La cottura arrosto è una tecnica che permette agli alimenti di formare una leggera crosticina in superficie trattenendo, però, il succo all’interno. [note background=”#faf7c2″ radius=”5″]Questa reazione caratteristica è detta Reazione di Maillard ed avviene a temperature superiore ai 155 °C: le molecole di carboidrati e quelle di amminoacidi reagiscono dando origine a una caramellizzazione del prodotto e ad aromi diversi. Si provoca con la cottura al forno, con le fritture e simili.[/note] La cottura per arrostimento avviene per azione diretta del calore ad altissime temperature (fino a 250 °C) ed è utilizzata soprattutto per carni, pesci e alcuni tipi di verdure.
• Nel forno, il cibo viene cotto sia per irraggiamento (dalle pareti del forno) che per convezione dell’aria. I succhi che fuoriescono dall’alimento, al contatto con la sostanza grassa, insaporiscono il cibo e ne ammorbidiscono la crosta. La carne deve essere prima parata (resa in forma regolare), aromatizzata e legata; poi unta con olio o burro e poggiata su uno strato di ossa, ritagli e grasso. Durante la cottura la carne deve essere irrorata in continuazione con i succhi fuoriusciti o, se troppo scarsi, con acqua, brodo o vino. Mi raccomando, non bucatela mai o finirà per seccarsi! Una volta pronta, dovete farla riposare prima di servirla a tavola, così da risultare più morbida e succosa.
Potete preparare il sugo da accompagnamento utilizzando il fondo di cottura. La prima cosa da fare è filtrarlo per eliminare le ossa o eventuali impurità, fatelo poi restringere in un tegame così da caramellizzarlo. A questo punto sgrassatelo, diluitelo con un vino o un altro liquido (deglassare) e fatelo nuovamente restringere aggiungendo un fondo bruno o un brodo. Potete anche unire un po’ di sedano, carote e cipolla tagliati grossolanamente e passarli appena cotti. Una volta ridotto il sugo, aggiungete un po’ di farina o un un roux per dargli più spessore… ed ecco che l’arrosto è servito!
• Allo spiedo, la carne (generalmente pollo, selvaggina, coniglio, agnello o maiale) gira lentamente sopra una fonte di calore che, grazie al movimento, cuoce in modo omogeneo tutta la superficie. La temperatura deve essere di circa 220 °C per poi abbassarsi fino a 150 °C durante la cottura. Uno degli aspetti migliori di questa tecnica è che i succhi e i grassi della carne depositati sul fondo (la cosiddetta “leccarda”) possono essere utilizzati per insaporire il piatto.
Cuocere alla griglia
Questo tipo di cottura non è molto complicato ma è importante saper regolare la fonte di calore (carbone, gas, elettricità) a seconda della grandezza della griglia e dello spessore dell’alimento. Se il calore sarà troppo forte, l’alimento brucerà all’esterno senza cuocere al cuore; se, viceversa, il calore non è sufficiente, il cibo non cuocerà abbastanza e all’aspetto sembrerà lesso. Gli alimenti vengono disposti interi o a pezzi e vengono cotti prima da un lato e poi dall’altro; se preferite potete ruotarli di 90° a metà cottura per dargli la caratteristica quadrettatura. È consigliata per la cottura di carne, pesce e ortaggi che si possono poi insaporire con spezie o emulsioni varie.
Cuocere al salto
La cottura al salto viene utilizzata per preparare gli alimenti ridotti in piccoli pezzi o a fette e si fanno cuocere in una padella con poco grasso (olio, burro etc). Viene chiamata così poiché, per rosolare meglio l’alimento, spesso vengono fatti dei movimenti con la padella tanto da far “saltare” il cibo all’interno. È importante che il grasso nella padella non bruci e che la fiamma sia regolata a seconda dello spessore dell’alimento. Se il cibo è a fette, ricordate di girarlo così da cuocerlo in modo omogeneo. Una volta terminata la cottura, il fondo può essere utilizzato per preparare una deliziosa salsa d’accompagnamento. Potete ottenerla sgrassando il fondo, deglassandolo e aggiungendo un fondo bianco o bruno.
Friggere
La frittura, in padella o in una friggitrice, consiste nel cuocere i cibi ad altissime temperature (tra i 150 – 200 °C) immersi in olio o burro. La scelta del grasso deve essere fatta prendendo in considerazione il suo punto di fumo, ovvero la temperatura massima che può raggiungere prima di generare sostanze tossiche. Ricordate sempre che la temperatura deve essere costante e il grasso abbondante per evitare che bruci troppo in fretta. Se la frittura riesce, il vostro cibo sarà ricoperto da una superficie croccante e dorata in contrasto con un morbido interno. Per questo motivo, è importante friggere cibi non eccessivamente grandi altrimenti l’interno resterà crudo bruciando, invece, la parte a diretto contatto col grasso.
La scelta del grasso, come già detto, è molto importante. In ordine crescente di punto di fumo troviamo: burro e margarina (130 – 160 °C), olio d’oliva (175 – 180 °C), olio di semi e strutto (200 – 210 °C). Nonostante l’olio d’oliva abbia un punto di fumo non troppo alto, la sua stabilità lo rende molto adatto alla frittura; il suo sapore deciso, però, non va accompagnato ad alimenti delicati.
Spesso la quantità di cibo da friggere è troppa e non si riesce a prepararla in un’unica padella; in questi casi l’olio può essere riutilizzato ma dovete prima filtrarlo dai residui della frittura precedente. Una volta terminata la cottura, il cibo va lasciato asciugare senza essere coperto o l’umidità gli farà perdere croccantezza; adesso, e solo adesso, potrà essere salato.
Alcuni alimenti, prima di essere fritti, possono essere impanati o avvolti da una pastella; questo non solo aggiunge gusto al piatto ma l’esterno fa “da scudo” al cibo. Un esempio di frittura in pastella è la tempura, cottura tipicamente giapponese.
[note background=”#faf7c2″ radius=”5″]Se volete preparare una pastella leggera e friabile, il segreto è quello di usare un’acqua molto fredda e versare la farina tutta in una volta. Una volta preparata, lasciatela raffreddare in frigo almeno un’ora o due e vedrete risultati migliori! Ci sono vari tipi di pastella, ognuna con una sua caratteristica: quella semplice si prepara con acqua e farina; quella all’uovo è più saporita ma meno croccante e si prepara sostituendo una parte o tutta l’acqua con le uova sbattute. Potete poi unire alla pastella semplice del vino bianco o degli aromi (per i gamberi, ad esempio, potete aromatizzarla con scorza di limone, prezzemolo e rosmarino). Qualunque sia la vostra scelta, non salate mai la pastella per evitare che perda croccantezza durante la frittura![/note]
Cuocere al vapore
Nella cottura a vapore, il cibo non entra a contatto diretto col calore ma attraverso un cestello o una retina. Questa viene inserita all’interno di un recipiente chiuso che non toccherà mai il liquido ma sarà inondato dalla forza del suo vapore. È particolarmente adatta per pesce e verdure e, con gli strumenti giusti, può essere utilizzata per cuocere più cibi contemporaneamente. Le temperature non dovrebbero superare i 100 °C e questo consente di mantenere quasi immutate le vitamine e i minerali dell’alimento. Tra le varie cose, la cucina al vapore è esaltata per la sua natura salutare e dietetica; grassi e condimenti, infatti, vengono aggiunti solo a crudo e sono facoltativi.
A questo articolo potete trovare i metodi di cottura secondari.
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